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La storia dell’automobilismo sportivo è costellata di eventi spartiacque. Di innovazioni tecnologiche che hanno introdotto nuovi paradigmi ingegneristici. Di personaggi delle corse che hanno ridefinito i significati delle parole vittoria e successo. I meriti sportivi sono il viatico più naturale per guadagnarsi un posto nell’olimpo delle quattro ruote. Ma ci sono tanti altri modi con cui una vettura può cambiare il normale corso degli eventi. Fino anche a diventare, nonostante prestazioni in gara non troppo fortunate, una pietra miliare dell’automobilismo.
È questo il caso della Maserati Eldorado, l’auto che portando il marketing moderno nelle competizioni su pista ha dato il la a una vera e propria rivoluzione nel mondo del motorsport.
L’automobilismo sportivo prima della Maserati Eldorado
Dal 1900, anno dell’istituzione della Coppa Gordon Bennett, la prima manifestazione dell’automobilismo sportivo moderno, le vetture portavano in gara il colore del paese di origine, come sancito dal regolamento della Federazione Internazionale: azzurro per la Francia, bianco (poi diventato argento) per la Germania, verde per la Gran Bretagna e rosso per l’Italia.
Nel 1957 la Maserati trionfa nel Campionato del Mondo di Formula1 con la velocissima e rossissima 250F, guidata da Juan Manuel Fangio. È in questo momento, all’apice del successo della sua Squadra Corse, che il Tridente decide di abbandonare ufficialmente le competizioni sportive, per costruire vetture da gara soltanto su richiesta di clienti privati. Ed è nel 1958 che il commendatore Gino Zanetti, imprenditore visionario e lungimirante, si rivolge a Maserati con l’obiettivo di portare la sua azienda sulla ribalta internazionale.
Zanetti è il proprietario della Eldorado, azienda di gelati confezionati il cui logo è il volto di un giovane cowboy sorridente. Zanetti crede che le competizioni sportive siano il palcoscenico ideale per farlo conoscere in tutto il mondo, e forte di questa convinzione, che nessuno prima di lui aveva mai sperimentato, chiede a Maserati di costruire una vettura con cui partecipare alla 500 Miglia di Monza.
Maserati Eldorado: un prodotto della storia del Tridente
Della sua realizzazione se ne occupa l’ingegner Giulio Alfieri, l’artefice dei motori della A6G54 e della pluridecorata 250F. Proprio al telaio tubolare della 250F Alfieri si ispira per realizzare quello della 420M, rinforzato per resistere alle sollecitazioni della pavimentazione in cemento del tracciato monzese. In pochi mesi l’ingegnere dà vita a una monoposto sulla carta molto competitiva, una vera Maserati. Sospensioni anteriori derivate dalla 450S, cambio a due rapporti, ponte posteriore di tipo De Dion privo del differenziale e motore V8 con cilindrata 4.190 cc e 410 cv, montato disassato di nove centimetri verso sinistra rispetto all’asse longitudinale per meglio adeguare la distribuzione dei pesi al senso di marcia antiorario nelle curve sopraelevate del circuito di Monza.
La 420M monta ruote a disco in magnesio Halibrand e pneumatici Firestone da 18 pollici con battistrada a treccia, gonfiati a gas elio. Grazie a questi accorgimenti, il peso totale della vettura ammonta a 758 kg, che con la carrozzeria in alluminio aerodinamica realizzata da Medardo Fantuzzi permettono a questo gioiello di raggiungere la velocità massima di 350 km/h.
Maserati Eldorado: un’auto venuta dal futuro
Ciò che però rende unica la 420M non è il suo interno, ma il suo rivestimento. Per garantire la massima visibilità al marchio Eldorado, la tradizionale vernice rossa lascia spazio a una tonalità bianco panna. Ai lati dell’abitacolo compaiono due grandi scritte nere Eldorado, e altre due più piccole sono aggiunte sul musetto e sotto il piccolo deflettore che funge da parabrezza. Al centro del musetto, e ai lati della pinna posteriore, campeggia il volto sorridente del cowboy.
Per la prima volta un’auto da corsa sveste i colori tradizionali del proprio paese d’origine. Per la prima volta il mondo delle competizioni sportive riceve una sponsorizzazione esterna al mondo dell’automobile.
Maserati Eldorado: sfortunata in pista ma vincente nella storia
Il 29 giugno 1958 la 420M/58/Eldorado scende in pista all’autodromo di Monza guidata dal grande pilota inglese Stirling Moss. La gara, ribattezzata “Two Worlds Trophy” era stata organizzata dal gruppo petrolifero Shell e abbinata al Gran Premio Lotteria. Nelle prime due manche Moss si classifica al quarto e quinto posto. Nella terza e ultima manche Ross è in lizza per aggiudicarsi il terzo posto complessivo della gara, ma la rottura dello sterzo lo costringe a finire contro il guard-rail e ad accontentarsi del settimo posto nel tabellino finale.
L’anno dopo, nel 1959, la vettura torna in pista nel leggendario circuito di Indianapolis. Per l’occasione, la colorazione di base torna a essere rossa, in omaggio all’Italia, ma lo sponsor Eldorado è comunque ben visibile grazie a due scritte bianche sulle fiancate, oltre al logo del cowboy in un cerchio bianco sul muso e sulla coda. A guidarla questa volta è Ralph Liguori, gentiluomo dalla scarsa esperienza su pista che purtroppo, ottenendo soltanto il 36mo posto in qualifica, non riuscirà a prender parte alla gara. Nonostante la breve e sfortunata carriera, tuttavia, il lascito della 420M/58/Eldorado è ingente e riconosciuto da tutti, addetti ai lavori e non.
Grazie all’afflusso dei finanziamenti esterni, il motorsport è fonte costante di innovazione per i produttori delle due e delle quattro ruote, e veicolo impareggiabile di notorietà per i brand di tutto il mondo. L’Eldorado del commendatore Gino Zanetti non c’è più, ma i palati dei consumatori italiani si deliziano tutt’oggi al gusto dei suoi prodotti di punta, come il Cucciolone e il Calippo. La 420M/58/Eldorado, dal canto suo, continua a stupire e a meravigliare gli occhi degli appassionati di motori, che la possono ammirare, in tutto il suo splendore perfettamente conservato, nell’esclusiva cornice della Collezione Umberto Panini.
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